Storia di Gizzeria



Viaggio nella storia di Gizzeria

Cenni storici 

Panorama di Gizzeria
Alle falde del colle Micatundo (metri 630 sul mare), di fronte al mar Tirreno, è situata Gizzeria. La prima notizia sul sito si trova nel diploma del Guiscardo del 1062. Dove si parla di un piccolo monastero d’origine bizantina detto di San Nicola e del territorio di Jussariae e dei suoi “villani” che furono infeudati nell’erigenda abbazia benedettina di Santa Eufemia per opera dei Normanni. Poi più nulla; fino alla seconda metà del 1400. Solo nella seconda metà del 1400 il paese riemerge dall’oblio, quando piccoli gruppi di profughi albanesi si stabilirono nel nostro territorio. Non conosciamo la data di fondazione. Da allora e fino al 1805 fu feudo dell’Ordine di Malta. Nel 1805 abolito il feudalesimo ottenne l’autonomia amministrativa e dal 1860 Comune d’Italia. La storia del casale di Gizzeria, con la venuta degli albanesi, segue le alterne e tormentate vicende del regno, vissute con grande dignità, talora con rassegnazione, altre volte con coraggio e determinazione come nel rivendicare i propri diritti e, ottenendo nell’anno1575 i “Capitoli e Grazie”.
I nuclei abitativi più antichi si ersero sulla sponda destra del torrente Casale, all'altezza delle attuali via del Popolo e Piazza del Popolo. Ancora oggi si possono vedere o intravedere, tra la suddetta via e la relativa piazza, le case antiche, le pietre e i muri, che costituivano questo nucleo. Sulla sponda sinistra del torrente sorsero, invece, i mulini e il Convento di Santa Maria delle Grazie. Nella piazza (odierna piazza Malta) c'è l'antica chiesa parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista, con il suo piccolo campanile, e la casa fortificata del Balio (oggi distrutta). Verso i primi anni del XVII secolo si decide di erigere, per opera di benefattori, la chiesa della SS. Annunziata che divenne sede dell’omonima congrega. Le attività predominanti erano indubbiamente, e lo sono state fino al secolo scorso, l’agricoltura e in parte l’allevamento. I movimenti migratori della seconda meta del XX secolo, la crisi delle figure che nei secoli avevano modellato la società e l'economia e costruito l’attuale assetto proprietario, i cambiamenti che sono seguiti ad una più diffusa scolarizzazione, hanno portato ad una radicale mutazione della struttura sociale ed economica di Gizzeria. I contadini sono quasi del tutto scomparsi ed il paese ha cessato di essere una zona prevalentemente agricola. 

Le tracce del passato 

Torre dei Cavalieri di Malta
Il toponimo di Gizzeria lo troviamo citato per la prima volta nel diploma del 1062 con il quale Roberto il Guiscardo dotava l’abbazia benedettina di Sant’Eufemia della terra di "Yussariae" e del monastero basiliano di San Nicola. 
Sebbene alcuni ritrovamenti di materiali sparsi, attesterebbero che il territorio fosse abitato già nel periodo neolitico. 
È anche certo che il suo territorio fu abitato dai greci, prima, e dai romani, poi. Così come testimonia "l’Hydria" a figure rosse, alta cm.52, rinvenuta nel 1955 nel corso di uno scasso per piantare un vigneto, in località Cerzeto del comune di Gizzeria. Infine, le ricerche condotte dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria in località Sperone ed i saggi di scavo effettuati in superficie, hanno portato alla luce alcune strutture romaniche databili nella loro fasi principali al I-II secolo d.C. Lo strato individuato si trova ad una profondità di circa 15/20 centimetri dal piano di calpestio. Si tratta delle mura di un "mausoleo funerario" costituite da mattoni sagomati e pietra locale, sovrapposti tra loro ad incastro, con l’impiego di malte cementizie. 
Roberto Spadea della Soprintendenza Archeologica della Calabria, subito dopo il ritrovamento, ci informa che: «si tratterebbe di un monumento unico del genere in Calabria, affiancabile solo a quello esistente a Cirella e dal quale si differenzia – come tipo -. Il mausoleo di Capo Suvero è di forma rettangolare mentre quello di Cirella è rotatorio. Si tratterebbe, quindi, di un importante ritrovamento che acquista maggiore rilevanza anche per la vicinanza con due ville romane rinvenute in zone logisticamente vicine a quella dove è localizzato il mausoleo: a qualche chilometro di distanza c’è la famosa villa romana di Pian delle Vigne e un po’ più vicino quella di località Spatuletta. Entrambe risalenti allo stesso periodo del mausoleo e, cioè, fine I e inizio II sec. dopo Cristo.» 
Sempre per quanto riguarda la presenza di insediamenti abitativi nell’area di “Capo Suvero”, assume una certa rilevanza il reperto rinvenuto dalla Professoressa Purri. Si tratta di un chiodo di bronzo proveniente probabilmente da una necropoli, contenente una iscrizione in Greco “AIΩNO∑”che indica il concetto di tempo infinito, e che era usato probabilmente a scopo magico. 
L’importanza del reperto sta nel fatto che si inserisce in un contesto di riferimento rappresentato da un’area dove di recente sono venute alla luce diverse tombe - alcune delle quali subito ricoperte dai proprietari del fondo, per timore che le stesse venissero sottoposte a vincolo archeologico - di incerta età, ben conservate sia nella struttura, sia nei resti mortali che erano custoditi all’interno. 
Appartengono al periodo bizantino, invece, i due reperti rinvenuti in località Cerzeto, appartenenti al monastero di San Nicola, di cui sono visibili i resti delle antiche mura. 
Sono invece del PERIODO DEL VICERE' (XVI sec.) di Napoli, Don Pedro de Toledo le torri costiere a vista di Capo Suvero e di S. Caterina edificate secondo la tipologia costruttiva definita dal piano di difesa delle coste, approntato per difendere il territorio dalle incursioni piratesche. 
Del XVII sec., sono, infine, i mulini ad acqua, come si evince dai documenti del periodo, identificati in loc.tà Jardinello, di cui sono visibili ancora gli importanti resti delle strutture murarie.

La presenza albanese 

Donna di Gizzeria con i pesi sulle spalle,
come è usanza presso gli Albanesi
Alla morte di Alfonso il Magnanimo (1458), scoppia una quasi decennale contesa tra Angioini e Aragonesi per il controllo del regno napoletano, ed ancora una volta a subirne le maggiori conseguenze fu la Calabria, dove più aspro che altrove fu lo scontro e più lunga la resistenza al baronaggio, che riuscì a mobilitare in proprio favore notevoli masse rurali. Tra gli episodi particolarmente cruenti che costellarono questa rivolta vanno ricordati gli eccidi presso Cosenza in cui persero la vita migliaia di contadini (circa 12 mila), e S.ta Eufemia nel Lametino, dove le truppe aragonesi massacrarono gran parte della popolazione locale, che aveva preso le parti dei baroni ribelli filoangioini. 
Ed è durante questo periodo che si fa risalire, dagli storici, l’arrivo di nuclei d’armati albanesi, sollecitati da Ferdinando I D’Aragona, per domare le rivolte antiaragonesi, che si stanziarono in Calabria, dando così origine a diversi centri abitati, dei quali molti in Provincia di Cosenza ed altri in quella di Catanzaro. Tra questi ultimi, in particolare, popolarono Gizzeria. 
Accolti benignamente da re Ferdinando, che dette loro vasti poderi da coltivare, essi incominciarono a costruire la storia politica economica e sociale di Gizzeria nell’età moderna. In un breve arco di tempo questi profughi albanesi, installandosi nel territorio di Gizzeria, avuto in concessione dalla Commenda di Malta seppero dissodare coraggiosamente, praticando spesso una vera ardita opera di bonifica a ciò spinti, non solo dal bisogno imperioso di sopravvivere, ma soprattutto dalla tradizionale volontà di vincere ogni resistenza, anche quella della natura ingrata. Attorno agli anni 1558/1572 Gizzeria fu elevata ad Università (ossia comune) e, pur dipendendo giuridicamente da Santa Eufemia, comincia ad avere una vita civica propria ed un proprio ordinamento. 
Come fosse amministrata Gizzeria, prima che venisse elevata ad Università, non si sa; mancano documenti in merito. E’ da supporsi che, data l’ampiezza dei suoi territori, il Priorato di S.ta Eufemia, abbia creato dei propri emissari (Capitani o Luogotenenti), operanti sotto il controllo del balì di S.ta Eufemia, ed al quale gli stessi emissari dovevano rispondere del proprio operato. 
Anche se, come si evince dal documento dei fuochi (a.1544), il Casale, come molti degli altri centri del Regno, doveva avere proprie norme ed un corpo municipale liberamente eletto dai cittadini riuniti in pubblico parlamento, poiché risulta riportano sia il Sindaco che i consiglieri. Nell’anno 1572, sotto il balì don Fabrizio Pignatelli, vengono sottoscritti Capitoli e Grazie e consegnati al Sindaco del tempo. Si tratta di 25 articoli che sanciscono il diritto per tutti coloro che già vi si trovano e che verranno ad abitarvi, di costruire case, vigne, e giardini nel territorio di Gizzeria, ed i relativi obblighi, ratificando quindi ufficialmente, dopo molti anni, il diritto all’insediamento degli albanesi a Gizzeria. Fino a tutto il XVI secolo, dato il carattere chiuso della sua economia, pur trovandosi in un’area di passaggio importante (l’antica via Popilia) e vicina allo scalo commerciale e doganale di S. Eufemia che, poco o nulla influirono a cambiare la sua economia, la proprietà terriera rappresentò e modellò la ricchezza del paese. 
La mancanza di traffici economici, cioè di una diversificazione della sua economia da agricola a mercantile, ha rappresentato, e per tanti versi la rappresenta a tutt’oggi , una economia povera, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia e sulla immediata utilizzazione dei prodotti di ambedue, che si traducevano sostanzialmente in redditi da agricoltura di sussistenza. 
Il territorio scosceso e poco fertile non consentiva uno sfruttamento razionale del suolo: l’unica ricchezza erano forse i gelsi, che servivano per l’allevamento del baco e, quindi, per la produzione della seta, e venivano computati e censiti con molta meticolosità, per cui troviamo anche diritti su un albero di gelso soltanto o addirittura su un suo ramo. Si coltivavano anche la vite, l’ulivo, gli alberi da frutta. I «giardini», invece, erano impiantati attorno ai corsi d’acqua e nei territori pianeggianti, mentre le pecore e le capre venivano portate a pascolare nelle zone più impervie e montagnose. 
Il Casale cominciò ad affermarsi come centro urbano di rilievo verso la metà del XVII secolo. In precedenza era stato considerato come un gruppetto di case rurali, cioè Casale del territorio di S.ta Eufemia. A seguito del catastrofico terremoto (a.1638) che ridusse S.ta Eufemia a un cumulo di rovine (danni minori si verificarono a Gizzeria) comincia ad avere una vita più autonoma, allorché la sede del balio da S.ta Eufemia viene trasferita a Gizzeria, ed in seguito ai nuovi movimenti migratori, che interessarono gli abitanti di S.Eufemia e del circondario, l’abitato di Gizzeria, fino ad allora di modeste dimensioni si consolidò.




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